Escursioni in Terra Santa: riflessioni e meditazioni al Tekoa Canyon

Salendo attraverso il Tekoa Canyon, rimango ancora una volta colpito dalla bellezza del luogo. Montagne ondulate e bordi a strapiombo si ergono alti sopra una stretta valle che serpeggia avanti e indietro.

La scena sembrerebbe uscita da un libro di fiabe, tranne per il fatto che le montagne sono spoglie e non c’è nessun ruscello gorgogliante che scorre attraverso la valle.

Eppure c’è qualcosa di magico in questo posto.

Mentre percorriamo un sentiero che attraversa il canyon, osservo gli uccelli che piombano in stormi da un lato all’altro, rifugiandosi nelle tante piccole grotte che costellano le scogliere. Gli uccelli catturano la brezza che, inevitabilmente, soffia attraverso questo stretto canale. Guardare gli storni piombare e le colombe volare mi fa battere il cuore; seguono un ritmo dolce e rilassato che qui è sempre presente.

Non sono il primo ad innamorarsi di questo posto. Nella tradizione biblica, Tekoa era il luogo di residenza del profeta Amos, il cui stretto legame con Dio avrebbe potuto essere aiutato solo dall’ambiente stimolante. Altre figure bibliche andavano e venivano da Tekoa.

TEKOA CANYON è un luogo dal fascino forte e sorprendente. (credito: SUSANNAH SCHILD)

Un monastero sul lato della scogliera

Ma forse l’abitante più famoso di questo canyon si stabilì qui dopo i tempi biblici. Il monaco cristiano del terzo secolo, Caritone, costruì un monastero sul bordo di una scogliera. I resti del monastero, semisospesi a mezz’aria, sono ancora visibili a chi percorre il canyon.

Caritone era uno di quei monaci introversi che facevano del loro meglio per allontanarsi dal trambusto della società comune. Lasciò il suo primo monastero a Prat Stream (o Wadi Kelt, dove visse il profeta Geremia) nel tentativo di sfuggire alla confusione causata dai suoi seguaci altrettanto silenziosi, che in qualche modo interruppero la sua solitudine.

Nel Tekoa Canyon, la vita monastica di Chariton era ascetica e contemplativa. Se la cavava senza parlare molto e digiunando fino al calare della notte e trascorreva le notti in una grotta, alternando il sonno alla preghiera.

Il Tekoa Canyon era il luogo perfetto in cui vivere per un monaco meditativo, soprattutto per uno a cui piaceva la solitudine. Il canyon ospita una delle più grandi grotte multi-livello in Israele, un punto attraente per chi apprezza la quiete e la deprivazione sensoriale.

Durante un viaggio in questa grotta (ora soprannominata Chariton Cave), ci si potrebbe dimenticare del rumore e dell’interruzione visiva della vita normale. Oltre alla Chariton Cave, ci sono molte grotte più piccole sparse lungo le pareti del canyon.


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Molti sono dotati di sporgenze rocciose scolpite, archi e pareti, una testimonianza dei monaci che vennero qui, seguendo ancora una volta Chariton nella solitudine.

Il Tekoa Canyon è un luogo dal fascino forte e sorprendente. Dopo essermi trasferito in Israele dagli Stati Uniti poco più di 20 anni fa, mi ci è voluto un po’ per apprezzare questo tipo di bellezza. Essendo cresciuto nelle verdi paludi di New Orleans, in Louisiana, non avrei mai immaginato che avrei trovato uno scenario di questo tipo attraente. Ma ora lo faccio.

In questo ambiente desertico, ogni dura struttura rocciosa diventa una scultura naturale da ammirare. La bellezza del cielo azzurro sullo sfondo della roccia bianca, il richiamo di un uccello solitario: queste immagini e questi suoni inondano i sensi in luoghi come il Tekoa Canyon.

La scena qui è ben lontana da dove sono cresciuto; lì, una rumorosa cacofonia di canti di uccelli riempiva alberi di grandi dimensioni sotto cieli pieni di nuvole temporalesche.

Mentre cammino attraverso questo canyon, mi ritrovo attratto dall’idea di solitudine e meditazione, quel tipo di meditazione che si può acquisire solo in un luogo libero da interruzioni o richieste di tempo. Qui si può cadere lentamente e delicatamente in una trance meditativa, concentrandosi prima sulla bellezza della creazione di Dio, per poi lasciarsi completamente assorbire dal silenzio impressionante.

Sebbene la maggior parte delle forme di giudaismo moderno non pongano un’enfasi particolare sulla meditazione, mi piace pensare a profeti biblici come Geremia ed Elia, che raggiunsero il loro ruach hakodesh (connessione con il Divino) in luoghi di cruda bellezza.

Nel libro della Genesi, anche il nostro patriarca Isacco si recava a lasuach basadeh (a meditare nel campo). Molti interpretano queste parole come una forma di meditazione che si svolgeva all’aperto, lontano dai confini della vita quotidiana.

Nel corso dei secoli, hitbodedut, o auto-isolamento, è stato descritto negli scritti dei mistici ebrei, pubblicizzato come uno strumento per raggiungere dvekut (attaccarsi a Dio). Sia il Rambam che suo figlio, Abraham Maimonide, discussero il valore di questa pratica.

Esempi più comuni di saggi che praticavano l’autoisolamento furono i grandi maestri hassidici, come Ba’al Shem Tov e Rabbi Nahman di Breslov.

Quindi, qui nel Tekoa Canyon, sono in buona compagnia ebraica mentre trovo un trespolo perfetto su una grande roccia bianca. Mi prendo qualche istante per assorbire l’incredibile vista, poi chiudo gli occhi e mi concentro verso l’interno.

Quindi, nelle parole di Abraham Maimonide, cerco di “svuotare il cuore e la mente di tutto tranne Dio e di riempirli e occuparli con Lui”. E mentre alleno la mia attenzione lontano dai miei pensieri e verso il canto di un uccello solitario, cado nel flusso meditativo che riempie il Tekoa Canyon.

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