Lunedì l’Alta Corte di Osaka ha confermato la sentenza di un tribunale di grado inferiore che ha condannato un medico a 18 anni di carcere per l’omicidio consensuale di una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica, una rara malattia neurologica nota anche come morbo di Lou Gehrig, nel 2019 nel Giappone occidentale.
La difesa del 46enne Yoshikazu Okubo aveva sostenuto che ritenerlo colpevole di omicidio violerebbe il diritto costituzionale all’autodeterminazione. Ma l’Alta Corte ha respinto il ricorso, affermando che la Costituzione presuppone il diritto alla vita ma non riconosce il “diritto a chiedere aiuto ad altri per porre fine alla propria vita”.
Okubo è stata dichiarata colpevole dal tribunale distrettuale di Kyoto a marzo per aver somministrato una dose letale di sedativo a Yuri Hayashi, 51 anni, nel suo appartamento di Kyoto il 30 novembre 2019, su sua richiesta. La SLA è una condizione neurologica progressiva per la quale attualmente non esistono cure o trattamenti.
Nella sentenza, il presidente del giudice Hidenori Nagai ha evidenziato quello che ha definito il disprezzo di Okubo per la vita e ha ritenuto inevitabile una pena detentiva sulla base del fatto che aveva agito esclusivamente dopo un colloquio di 15 minuti con Hayashi senza condurre una visita medica o confermare le sue intenzioni.
Okubo ha cospirato con l’ex medico Naoki Yamamoto, 47 anni, per somministrare una dose fatale di farmaci a Hayashi, che è stato poi portato d’urgenza in ospedale prima di morire, secondo la sentenza. Anche Yamamoto è stato condannato al carcere e presenta appello.
In Giappone l’eutanasia non è riconosciuta legalmente.
Okubo è stato anche ritenuto colpevole di aver ucciso il padre 77enne di Yamamoto, Yasushi, nel 2011, in cospirazione con Yamamoto.
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