Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è più di un semplice cambiamento nella politica americana: è un campanello d’allarme per l’Europa. L’ordine globale sta cambiando e l’Europa si trova ad affrontare una serie crescente di sfide che richiedono una rivalutazione delle sue strategie diplomatiche e di sicurezza.
I recenti violenti attacchi contro i tifosi israeliani ad Amsterdam sottolineano ulteriormente le pressanti sfide alla sicurezza dell’Europa. Questo pogrom del 21° secolo rivela la crescente minaccia per le comunità ebraiche, che devono affrontare una crescente ostilità sia da parte degli estremisti di estrema destra che da elementi radicalizzati alimentati da un’immigrazione antioccidentale incontrollata. Gli attacchi hanno lasciato diversi ricoverati in ospedale e hanno costretto Israele a inviare aerei per l’evacuazione, evidenziando l’urgente necessità di una protezione efficace delle comunità vulnerabili in Europa. L’Europa deve agire insieme.
Le minacce di oggi
Con la continua aggressione della Russia, l’influenza destabilizzante dell’Iran, l’aumento dell’estremismo e il potere in espansione della Cina, l’Europa non può più permettersi di fare affidamento esclusivamente sugli Stati Uniti per la sua protezione. Il continente deve dare priorità alla propria sicurezza rafforzando al contempo il proprio ruolo strategico all’interno del più ampio quadro dell’alleanza.
Durante il primo mandato di Trump, Europa e Stati Uniti erano in rotta di collisione, in particolare per quanto riguarda la spesa per la difesa e le leggi sul commercio estero. La spinta di Trump affinché i membri della NATO contribuiscano maggiormente alla propria difesa ha ora portato 23 paesi ad aumentare i propri budget militari.
Mentre si imbarca per un secondo mandato, questi nuovi sviluppi potrebbero compiacere il presidente ritornante riguardo alla NATO e consentirgli di concentrarsi maggiormente sulla politica interna, sulla Cina e sul Medio Oriente, in particolare confrontandosi con l’Iran e riaccendendo gli Accordi di Abraham.
Nel frattempo, la preoccupazione immediata dell’Europa resta l’aggressione della Russia in Ucraina. Nonostante le differenze di focus, le minacce poste sia dalla Russia che dall’Iran sono profondamente interconnesse. Per una vera stabilità, l’Europa e gli Stati Uniti devono collaborare strettamente, affrontando entrambe le sfide insieme.
Poiché l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta una minaccia diretta e urgente per l’Europa, la crescente influenza dell’Iran non può essere trascurata. Il sostegno di Teheran ai gruppi radicali e le sue ambizioni nucleari rappresentano una duplice minaccia che si estende ben oltre il Medio Oriente, con gravi conseguenze per la sicurezza europea. Le sue azioni alimentano l’instabilità e la radicalizzazione, contribuendo allo sviluppo di cellule terroristiche, operazioni di traffico di droga e altre attività destabilizzanti che hanno un impatto sull’Europa.
NELL’AFFRONTARE l’influenza dell’Iran, l’Europa dovrebbe sostenere attivamente Israele e gli stati arabi moderati nel contrastare gli sforzi destabilizzanti globali della Repubblica Islamica. Mentre Israele è alle prese con l’espansione della guerra ombra dell’Iran – che si manifesta nelle ambizioni nucleari del regime e nelle operazioni terroristiche globali – l’Europa deve riconoscere che queste minacce hanno implicazioni dirette per la sua stessa sicurezza.
Queste sfide sono sottolineate da preoccupazioni economiche più ampie per il futuro dell’Europa, evidenziate nel Rapporto Draghi del 2024, che sostiene la necessità di rafforzare la competitività dell’UE sulla scena mondiale. Il rapporto, redatto dall’ex capo della Banca centrale europea Mario Draghi, sottolinea la necessità di una politica industriale coordinata, di un processo decisionale rapido e di investimenti significativi per evitare che la regione rimanga indietro rispetto a Stati Uniti e Cina. Incoraggia inoltre politiche che potrebbero modellare i legami transatlantici negli anni a venire e incidere sul ruolo dell’UE nel più ampio quadro di sicurezza.
Le recenti elezioni americane servono da forte monito ai leader europei: l’incapacità di affrontare queste crescenti minacce potrebbe mettere a repentaglio sia la stabilità politica che la sicurezza dei cittadini europei. L’uso strategico della dipendenza energetica da parte della Russia come leva finanziaria ha ulteriormente complicato il panorama della sicurezza. Ora è chiaro che fare affidamento esclusivamente sul sostegno americano non è più una strategia praticabile per l’Europa.
Per gli ebrei in Europa, la necessità che i leader europei siano più forti in materia di sicurezza è ancora più pronunciata. La sinistra e il centro politici europei hanno chiuso un occhio davanti alla minaccia dell’Islam radicale, una forza sempre più ostile alle comunità ebraiche e alle libertà europee.
L’ondata di antisemitismo, stimolata da ideologie estremiste, ha spinto tre quarti degli ebrei europei a nascondere la propria identità in pubblico. Mentre le comunità ebraiche ne sopportano il peso, questo estremismo mette a repentaglio la sicurezza e la libertà di tutti. Pertanto, affinché l’Europa possa preservare i propri valori e rimanere sicura, deve affrontare sia l’Islam radicale che l’aggressione russa. Non possiamo permettere altri attacchi ad Amsterdam.
Il ritorno di Trump rappresenta un’opportunità fondamentale per l’Europa per rivalutare le sue priorità di difesa. Di fronte all’intensificarsi delle sfide globali, l’Europa deve sviluppare un quadro di sicurezza più autosufficiente pur mantenendo forti alleanze, in particolare con gli Stati Uniti. Il percorso da seguire richiede fiducia, resilienza e impegno per rafforzare le infrastrutture di sicurezza dell’Europa, rafforzando al tempo stesso la sua posizione di attore chiave nell’alleanza globale.
L’Europa deve riconoscere l’urgenza di queste minacce e agire con decisione. La posta in gioco non è mai stata così alta.
Lo scrittore è il rabbino capo e presidente della Conferenza dei rabbini europei, che riunisce oltre 800 rabbini comunali da Dublino, Irlanda, a Khabarovsk, Russia. Ha servito come rabbino capo di Mosca dal 1993 al 2022 fino a quando è stato dichiarato agente straniero dalla Russia per essersi opposto alla guerra in Ucraina.
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